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Auto elettriche: i nuovi fondi per le colonnine di ricarica e perché non basteranno

Sbloccati 713 milioni di euro del Pnrr per l’installazione di oltre 21 mila infrastrutture di ricarica entro il 2025. Stanziato anche un bonus da 40 milioni di euro per il 2023 per rimborsare l’80% del costo delle colonnine ai privati. Ma entro il 2025 l’Europa dovrebbe quadruplicare le infrastrutture

Qualcosa si sta muovendo sul fronte della scarsa presenza di infrastrutture da ricarica, che rappresenta uno dei principali ostacoli all’acquisto di veicoli elettrici, almeno in Italia. Sono infatti stati sbloccati da poco 713 milioni di euro del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che saranno assegnati con gare indette dal Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica per installare entro fine 2025 oltre 21.000 punti di ricarica di cui almeno 7.500 super-rapida sulle strade extraurbane, escluse le autostrade, e 13.755 veloci nelle città.

Inoltre, il governo ha stanziato per il 2023 un bonus da 40 milioni di euro destinato ai privati per rimborsare l’80% del costo di installazione. Si tratta di 1.500 euro a persona che diventano 8.000 per un condominio.

Le previsioni entro il 2050

Basterà? Probabilmente no se si guarda al 2050, quando secondo le ultime stime di Morgan Stanley, i veicoli ricaricabili potrebbero presto raggiungere la parità di prezzo con i veicoli alimentati a carburanti fossili grazie ai passi avanti compiuti dalla tecnologia nella produzione di batterie che diventeranno progressivamente meno costose. E così, a livello mondiale, i veicoli elettrici potranno arrivare a rappresentare il 90% delle vendite di auto entro il 2050. Una stima che si sposa con il progetto Fit-for-55 dell’Unione Europea che obbliga gli stati aderenti alla vendita esclusiva di veicoli elettrificati a partire dal 2035.

C’è da dire però che per ora il mercato zoppica. Le immatricolazioni di vetture elettriche nel 2022 hanno subito una forte battuta di arresto con un calo di oltre il 26%, pari a quasi 50mila veicoli in meno. Il motivo? La lunga attesa di incentivi promessi ma mai arrivati e lo sconforto legato alle reali possibilità di ricaricare il veicolo quotidianamente e facilmente, per una completa autonomia.

Il nodo della gestione delle reti elettriche

Ma il futuro è comunque segnato. Secondo McKinsey, questo significa che per tenere il passo dell’elettrificazione del parco auto, considerato uno scenario di crescita delle vendite di mezzi di trasporto green più prudente entro il 2025, l’Europa dovrebbe quadruplicare le installazioni di caricabatterie pubbliche da affiancare a quelle private.

Secondo il professore Massimo Santarelli, ordinario di Termodinamica e coordinatore del gruppo di Sistemi elettrochimici per l’energia al Politecnico di Torino e autorità mondiale nel campo delle fuel cells, il problema è molto più complesso e articolato:

“Necessariamente la diffusione dei veicoli elettrici deve essere supportata dallo sviluppo della rete di ricarica, sia privata ma in particolare pubblica. Questo avrà quindi un impatto a monte sulla gestione della rete elettrica sottoposta, da un lato, da maggiori input di fonti rinnovabili meno programmabili, e dall’altro da output parcellizzati di richiesta elettrica sul territorio. Inoltre, i punti di ricarica potranno essere nodi più complessi di una semplice ricarica, perché la stessa batteria del veicolo, una volta fermo al parcheggio (buona parte del tempo) potrà fornire servizi di rete (paradigmi vehicle-to-grid). Quindi, il modello di gestione delle future reti non è semplice e richiederà logiche di controllo sofisticate. Per cui realizzare tante infrastrutture di ricarica è uno step necessario, ma è uno degli elementi di una logica di gestione di reti molto complessa”.

Elettrificazione e nuovi modelli di mobilità

Del resto, l’interesse a guidare un veicolo green sta crescendo enormemente, anche fra gli italiani, popolo tradizionalmente legato, per ragioni sportive ma anche industriali, ai motori a combustione. Secondo i dati dell’edizione 2023 del Global Automotive Consumer Study firmato da Deloitte (di cui potete leggere qui i contenuti), il 69% degli italiani intervistati sarebbe infatti interessato a mettersi in garage una vettura “alla spina”.

L’edizione 2023 della survey che il colosso britannico della consulenza conduce su un campione di 26mila consumatori di 24 Paesi differenti, mette però anche in evidenza che nel momento in cui scriviamo, a impedire di varcare la soglia del concessionario per firmare il contratto di acquisto intervengono tutta una serie di dubbi fra cui, come risaputo, gli alti costi di acquisto e la scarsità di punti di ricarica.

“Il costo del veicolo elettrico – continua Santarelli – è ovviamente molto condizionato da quello della batteria. Il valore relativo degli altri componenti del prodotto è infatti meno rilevante rispetto a un veicolo a motore a combustione interna. Inoltre, sono necessari tempi di ricarica non troppo lunghi e adeguati a un uso consono del bene, ma tempi più corti comportano un deperimento più rapido delle batterie. Questi sono i due aspetti principali da ottimizzare attraverso adeguate economie di scala”.

“In questo contesto – aggiunge Santarelli – i modelli di mobilità sono comunque destinati a essere modificati: mobilità light in centri urbani, maggiore utilizzo dei treni veloci in ambito nazionale e intra-nazioni, veicolo a lunga percorrenza ed heavy duty, per esempio i camion, probabilmente non basati su batterie ma su altri metodi di accumulo (e.g. idrogeno). Tutto questo, comunque, nel contesto di una transizione verso la elettrificazione dei trasporti (e di altri usi finali) che è un trend ormai non rinunciabile per garantire i target di decarbonizzazione”.