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Social Commerce, Social Selling e D2C: il futuro del retail

Siete pronti al nuovo trend dell’e-commerce? Il futuro è infatti nel direct-to-consumer, ovvero in quel business che attraverso i social media mette direttamente in contatto brand e consumatori

Social, social, social. L’ossessione della presenza su Facebook, Instagram, Tik Tok, Pinterest e su altre piattaforme ha superato la sfera privata degli utenti. Già da tempo ormai i social media sono diventati il nuovo punto di riferimento per molti brand che su queste piattaforme stanno sviluppando sistemi di Social Selling e di Social Commerce che stanno segnando la nuova frontiera del business.

L’ultima in ordine di tempo è stata Facebook che proprio in questi giorni ha comunicato che ogni venerdì brand come Sephora o Abercrombie potranno vendere i loro prodotti durante delle dirette aperte sulla pagina Facebook.

Infatti il Social Selling altro non è che l’evoluzione delle vecchie televendite o dell’invio via mail o attraverso newsletter degli aggiornamenti sulle proposte commerciali di un brand: è il nuovo touch point tra brand e cliente finale attraverso i social media, diventati lo strumento per stringere e mantenere nel tempo una relazione con i clienti attuali e potenziali, un mezzo con cui comunicare valore e che dovrebbe poi portare a un’operazione di acquisto.

È a questo punto che si arriva al Social Commerce, che si concretizza nell’attività di vendita online attraverso i social media che assumono quindi il ruolo di vera e propria piattaforma di prodotti e servizi. In questo senso il social commerce è una sottocategoria dell’e-commerce.

Si parla dunque di frontiere non certo nuove, ma che si sono consolidate in Europa e in Italia nel mesi del Covid-19, durante il 2020, e che stanno portando a quello che viene già definito D2C, direct-to-consumer, ovvero a quella modalità di business che attraverso i social media mette direttamente in contatto brand e consumatori.

I PUNTI DI FORZA

Attraverso i social è infatti possibile avvicinare il consumatore a un prodotto, parlarne con lui interagendo in modo attivo, invogliarlo a visitare il sito web dell’azienda e poi a comprare. Ma non basta: sui social i consumatori possono essere invitati a esprimere un giudizio sul prodotto stesso, a parlarne con il brand ma soprattutto con gli “amici” a cui si può anche “raccomandare” l’acquisto, agendo di fatto sulla condivisione tra persone che si conoscono e aumentando così l’indice di “fiducia” del consumatore nei confronti del brand stesso.

Inoltre, il social media consente di vendere h24, in tutto il mondo qualsiasi sia la parte del globo in cui si viva, ha degli strumenti di analisi e ritorno dell’investimento immediati e costantemente monitorabili.
Alcuni numeri raccolti dalla società di consulenza Squarelovin a livello globale per il 2020 rendono meglio l’idea.

  • Il 24% dei consumatori scopre un brand attraverso i social media;
  • Il 42% usa i social media per cercare dei prodotti;
  • Il 55% ha fatto un acquisto attraverso un social media;
  • Il 31% ha comprato un prodotto attraverso la promozione social;
  • Il 19% ha comprato un prodotto attraverso la promozione di un influencer social.

OLTRE 600 MILIARDI DI VALORE

Secondo la società di consulenza americana Research and Market il social commerce a livello globale entro il 2027 varrà 604 miliardi di dollari, dagli 89,4 attuali. Significa una crescita del 31,4% l’anno.

In questo trend, Cina e Usa faranno da capofila, mentre in Europa il ritmo sarà più contenuto, con la Germania a fare da traino (+22,1% annuo). In Occidente, infatti, siamo un passo indietro. Facciamo più Social Selling di Social Commerce a differenza della Cina, per esempio, dove la sola WeChat nel 2020 ha generato 115 miliardi di dollari di transazioni (quattro volte gli Usa).

Ma forse è solo questione di tempo. Non è certo un caso che nel 2020 la piattaforma di e-commerce europea Shopify abbia siglato un accordo con TikTok per avere accesso al target dei giovanissimi presenti sul social attraverso la creazione di campagne video promozionali. Un accordo che da febbraio di quest’anno è stato formalizzato anche per il mercato italiano.

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