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Credit: GettyImages

Il mercato auto nel primo semestre del 2022

 Ha perso un quarto dei volumi registrati nel 2021. I motivi? Offerta in sofferenza, flop degli incentivi e "effetto Cuba"

*Direttore Centro Studi Fleet&Mobility


Al netto dei costruttori asiatici, il mercato auto nei primi sei mesi ha lasciato sul campo un quarto dei volumi che aveva registrato nel 2021: 550mila immatricolazioni contro 730 mila. Non è un termometro della domanda, che è pure vivace, ma dell’offerta, che fatica a fabbricare e consegnare le macchine. Gli asiatici stanno soffrendo decisamente meno per questa crisi dei componenti e il loro ritardo sul 2021 è intorno al 12%.

Complessivamente, il primo semestre ha chiuso a quasi 700mila targhe, sotto di 200.000 sul 2021 e di 400.000 sul 2019, quando non solo il mercato ma l’intera industria erano un’altra cosa. Cosa sia oggi è facile da capire: una gran confusione, con un frenetico inseguimento di alcune priorità contingenti.

Dirottare quante più auto possibili verso i concessionari, sia perché i loro clienti sono quelli che pagano di più, ormai a prezzo quasi pieno, e sia per dare ossigeno a dei partner verso cui stanno preparando un cambiamento epocale, fatto di vendite online e contratto di agenzia (non per tutti i brand) sta creando non poche tensioni con i noleggiatori, che si vedono cancellare o slittare gli ordini. E se quelli del lungo termine devono solo blandire i clienti, a cui continuano a fatturare le auto scadute, a quelli del breve non resta che rivolgersi agli unici che hanno le macchine, i cinesi di DR e di Lynk&Co, fornendo un’anticipazione di ciò che potrebbe essere il mercato dei prossimi anni.

IL FLOP DEGLI INCENTIVI

È importante dosare nel contempo il mix delle vendite tra cosa chiede il mercato e cosa impone la Commissione, pena le multe milionarie. Nei 6 mesi le auto alla spina sono passate dall’8 al 9% di quota, grazie solo alle ibride plug-in. Speravano negli incentivi, a lungo promessi e alla fine arrivati, che non stanno funzionando. I fondi destinati alle auto con motore termico sono stati prosciugati in settimane, mentre quelli per le auto elettriche e ibride plug-in sono quasi ancora tutti lì.

Innanzitutto per l’esclusione delle società e dei noleggiatori, che stavano assorbendo gran parte delle vetture alla spina, anche in forma di km0 forzati nella rete. Inoltre, per il tetto di 42.700 euro che di fatto tiene fuori circa il 70% dei modelli oggi disponibili. Del resto, usare i soldi dei contribuenti per agevolare chi può permettersi un’auto da 50.000 euro qualche sopracciglio l’avrebbe fatto alzare.

L'EFFETTO CUBA

Anche l’usato non va bene. Con 1.376.000 passaggi di proprietà al netto delle mini-volture, il semestre è in flessione dell’11% sul 2021, per quasi 170.000 macchine. Più o meno quelle che mancano come immatricolazioni, segno che i clienti che non ricevono la macchina nuova non mettono in vendita quella usata.

Sullo sfondo, si vedono le avvisaglie di quello che anni fa battezzammo “effetto Cuba”, ossia la scelta dei clienti di continuare ad usare auto piuttosto vecchie, di fronte a un’offerta di auto nuove inaccessibili, non solo economicamente. Le radiazioni nel semestre sono state 562.000, pari al meno 30% rispetto allo stesso periodo del 2021. Insomma, continua la conservazione soprattutto delle vetture molto vecchie, di trenta e più anni. L’ACI ne conta 3,6 milioni ma appena 14.000 sono state rottamate nel 2021, ossia lo 0,4%. Un po’ meglio è andata per le Euro1/2/3, che erano 8,5 milioni: l’8% è stato radiato, pari a 700.000 macchine.

Di “effetto Cuba” e della difficoltà dei clienti a orientarsi nel mercato, si parlerà con i massimi esponenti dell’industria alla Capitale Automobile consumer il 21 ottobre, evento promosso da Agos.

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