“Non è più tempo di pensare a una strategia di business pre-Covid e post-Covid. È necessario sintonizzarsi con maggiore forza su uno stato di “during-Covid” che accompagnerà le strategie della manifattura italiana (e non solo) almeno per tutto il 2021”. Mauro Mamoli, presidente di Federmobili ne è certo. E questo significa non qualificare più come eccezionali e futuribili alcune strategie che dovrebbero essere ormai già consolidate verso un domani di ulteriori novità: omnicanalità, prossimità digitale, flessibilità di offerta.
IL SALTO DI QUALITÀ
Il settore dell’arredamento sta cercando di fare questo salto di qualità, un lavoro che ha subito uno scossone nel 2020 con lo choc causato dall’esplosione della pandemia di Covid-19.
Qualche risultato però è arrivato se, come dicono le ultime previsioni del Centro studi industria leggera – CSIL, il 2020 potrebbe chiudersi con un -15% di fatturato rispetto alle ben più pessimistiche previsioni della primavera (-35%) e del post estate (-20%). Avrebbe potuto andare meglio: ad ottobre Federmobili indicava per il 2020 un -12%, stima avvalorata anche dall’Istat che nello stesso mese presenta un -13% per l’andamento 2020 su 2019 del commercio al dettaglio di mobili e articoli per la casa.
Ma poi è subentrato l’ultimo lockdown parziale di novembre, con la divisione dell’Italia in zone rosse, arancioni e gialle che ha nuovamente penalizzato le vendite e i cui effetti sono ancora da registrare. “Difficile fare previsioni certe oggi perché la variabile apertura-chiusura dei punti vendita legata al colore della zona di appartenenza fa molto la differenza sui risultati” spiega Mamoli. “Al momento CSIL stima che il settore dell’arredamento in Italia nel 2021 potrebbe registrare un effetto rimbalzo del 4% sostenuto dagli investimenti favoriti dall’arrivo dei fondi europei focalizzati su transizione green, innovazione, digitalizzazione e automazione”.
LA DIGITALIZZAZIONE
Certo è che nel 2020 il settore dell’arredamento di piccola e media taglia (i grandi marchi hanno storie e strutture aziendali diverse) ha incrementato l’implementazione di strategie di vendita diverse da quelle basate sulla presenza. “Ora sono molto più frequenti i contatti su whatsapp, le videocall, le presentazioni dei progetti da remoto, una maggiore relazione tra industria e rete distributiva per ottimizzare il lavoro anche attraverso una crescente digitalizzazione.
Non si può farne a meno e sono i fattori positivi generati dal Covid-19 e che oramai caratterizzeranno il business anche del futuro” aggiunge Mamoli. “Ma è necessario ora dare maggiore costanza alle aperture con un legislatore che ci indichi come lavorare in continuità nei mesi che ci restano e in cui dovremo convivere con la pandemia, considerando che i piccoli e medi negozi di arredamento, nel rispetto delle normative di distanziamento e sicurezza, sono luoghi in cui si può tranquillamente evitare qualsiasi forma di assembramento e garantire la massima protezione possibile. Altrimenti per chi fa impresa, programmare sarà sempre più difficile”.
LE PROSPETTIVE PER IL 2023
Un appello che non distoglie però dalla necessità di spingere ulteriormente sull’omnicanalità e sulla prossimità digitale anche per evitare ai piccoli punti vendita di essere fagocitati dai grandi brand che sulla digitalizzazione hanno già investito molto con ottimi risultati.
Anche perché il settore ha dalla sua parte una serie di incentivi previsti per l’edilizia e le ristrutturazioni – anche in ottica green –, il bonus mobili rinnovato nel 2021 con l’innalzamento fino a 16 mila euro, le nuove esigenze di spazi che lo smart working e la didattica a distanza hanno imposto e che richiedono spesso una riorganizzazione degli arredi e che hanno consentito alle perdite di limitare la caduta. E che, se il Covid-19 non aggiungerà altre sorprese, secondo CSIL dovrebbe consentire all’intero settore di recuperare il 14% del proprio fatturato entro la fine del 2023.