*Direttore Centro Studi Fleet&Mobility
Nel 2021 gli italiani hanno speso 35,6 miliardi di euro per immatricolare nuove auto, in proprietà e a noleggio, privati e società. È un aumento del 14% rispetto ai 31,3 del 2020, ma ancora resta un gap da recuperare rispetto al 2019, quando i miliardi furono 40. È quanto emerge dall’analisi sul Mercato Auto a Valore del Centro Studi Fleet&Mobility, giunta alla 16esima edizione.
In certa misura, queste performance sono legate ai volumi che il mercato ha assorbito in questi anni, crollati da 1.910.000 pezzi del 2019 a 1.398.000 nel 2020 e risaliti poco nel 2021, a 1.464.000. Forse nessuno dei tre anni riflette appieno la domanda, visto che prima del Covid certi volumi erano raggiunti con un’enorme pressione sul mercato, in forma di sconti e km0, originata dalle fabbriche che avevano necessità di far girare gli impianti e tenere alta l’occupazione.
L’anno del Covid è stato appunto l’anno del Covid, seguito poi dalla mancanza di microchip e altri componenti essenziali, che hanno gettato l’industria nell’eccesso opposto, l’impossibilità di produrre i volumi richiesti dal mercato.
LA DINAMICA DEI PREZZI
Questa nuova congiuntura, che magari congiuntura non è, ha ovviamente ribaltato i rapporti commerciali che regolano domanda e offerta, muovendo il prezzo verso l’alto.
Se nel 2019 il prezzo medio di un’auto, al netto degli sconti praticati nei diversi canali, era appena sotto i 21.000 euro, l’anno successivo era già arrivato a 22.400, nonostante circa 600 milioni di incentivi governativi senza i quali sarebbe stato più alto di 400 euro. Nel 2021 il prezzo medio è salito ancora a 24.300 euro, pur a fronte di oltre un miliardo di incentivi. Senza interventi del Governo, in due anni il prezzo sarebbe arrivato a 25.400 euro, ossia il 21% in più del livello pre-Covid.
Il prezzo medio è appunto un valore di sintesi, che contiene diversi fattori economici. I due più rilevanti sono stati senz’altro l’aumento dei listini da parte delle Case e il taglio forte degli sconti, visto che la domanda superava l’offerta. Però hanno giocato pure la drastica riduzione dei km0 e il crollo delle forniture al rent-a-car, entrambi concentrati su vetture utilitarie il cui valore medio è inferiore alla media degli altri canali.
MIX DI PRODOTTO
Oltre al mix canali, anche il mix prodotto ha esercitato il suo peso. Le motorizzazioni ibride, con motore elettrico aggiunto a quello termico benzina/diesel, sono arrivate a pesare il 37% in valore e il 34% in volume, indicando un prezzo medio sopra media.
All’opposto, le vetture solo termiche a benzina hanno un peso del 25% in valore ma in volume arrivano al 30%. È evidente che scambiare queste ultime con le prime porti a un innalzamento del prezzo medio.
Anche le quote di mercato in valore dei brand riflettono il diverso posizionamento di prezzo. Se Fiat resta ancora in testa, ma con una quota poco sopra l’11%, dietro troviamo Volkswagen a 8,6 e poi BMW e Audi entrambi a 6,0. Seguono Peugeot a 5,6 e Mercedes a 5,5.
Il brand con il valore unitario a listino più alto è Mercedes a 52.286 euro, seguito da BMW a 51.077 e Audi a 46.163, davanti a Jeep con 34.767 euro. Fanalino di coda tra i top 15 brand è Dacia, new entry, con 16.182 dietro a Fiat con 20.987.
Passando invece ai modelli, si legge che Panda mantiene la leadership anche nella classifica in valore con una quota del 5,1% (ma in volume è 7,9) seguita da Renegade a 2,6 (2,4 in volume) e Compass a 2,5. Sotto il podio la 500 a 2,4 e la T-Roc a 2,0, seguite dalla 500X a 1,9.
In termini di valore unitario dei top 15 modelli, al primo posto c’è la X1 con 43.739 euro seguita dalla Tiguan a 40.707 e dalla 3008 a 37.899. Sotto il podio la Compass a 37.684 e la Renegade a 31.416.