Omati
Roberto Omati, d.g. Expert Italy

Prossimità e fiducia: la strategia di Expert in Italia

Il gruppo di rivenditori di elettronica di consumo punta molto sulla sua natura di realtà associativa che ha fatto della vicinanza sul territorio ai clienti il suo punto di forza. E, come ci spiega il direttore generale Roberto Omati, guarda all'e-commerce con gradualità e in una logica di complementarietà con i punti vendita

Expert è il gruppo associativo con insegna propria che, nel settore della rivendita di elettronica di consumo, ha la storia più longeva in Italia.
Partner di Agos, è dal 1967 che è presente su scala nazionale e internazionale e non ha mai cambiato modello organizzativo né marchio. Il fatto di essere un’impresa consortile lo rende diverso da ogni altro concorrente e lo caratterizza nel posizionamento sul mercato: punti vendita più piccoli e di prossimità, presenza nei quartieri delle città, un formato distributivo che progredisce con gradualità verso l’iper-digitalizzazione ma, almeno per ora, mantiene il proprio focus prioritario sui negozi di vicinanza ai clienti, in un’epoca in cui tutti sembrano predicare solo il bisogno di essere online.
E ora, nella fase post Covid-19 sta studiando con attenzione le strategie da seguire. Ne abbiamo parlato con il direttore generale Roberto Omati.

Expert Italia prima e dopo il Covid-19: quali sono le parole chiave con cui è possibile descrivere come è cambiata?
Le parole chiave sono senza dubbio: umanità, competenza, flessibilità e prossimità che si traducono poi in due valori fondamentali: fiducia e rassicurazione.
In realtà ci identifichiamo da sempre in questi concetti e valori, dato che il nostro è un rapporto molto vicino, quasi personale tra titolare del negozio e cliente vivendo generalmente nello stesso quartiere o città. Ora però hanno assunto ancora più significato.

Cosa è cambiato?
Nel momento in cui, con l’epidemia in corso, è stato necessario rassicurare le persone della possibilità di recapitare loro ciò di cui avevano bisogno, noi eravamo già nel territorio. Questo tipo di prossimità e di flessibilità non si organizza agevolmente se il sistema aziendale è centralizzato e verticistico.
A questo si aggiunge il tema della competenza che è un ulteriore elemento di rassicurazione per il cliente finale e su cui noi stiamo investendo da tanto tempo: nei negozi vogliamo dipendenti disponibili e preparati, in grado di trattare la richiesta del cliente in modo personalizzato e di proporre non soluzioni generiche ma specifiche rispetto al singolo bisogno.

Cosa è più importante oggi nel rapporto con il consumatore?
La rassicurazione e la prossimità lo sono di sicuro. Le circostanze indotte hanno creato un’opportunità: tutti noi abbiamo avuto una minore e più prudente propensione a muoverci, mentre al contrario abbiamo riscoperto il piacere della nostra casa. E abbiamo avuto bisogno di nuove dotazioni tecnologiche, un po’ perché abbiamo usato di più quelle già in nostro possesso usurandole, un po’ perché abbiamo avuto bisogno di nuova e più attuale tecnologia nelle apparecchiature domestiche.
In generale è tornata in auge la considerazione di alcune prestazioni utili e talvolta indispensabili che ha rafforzato il retail dei Technical Consumer Goods in particolare nei negozi più vicini: si preferisce andare nel punto vendita che si conosce non distante da casa, piuttosto che andare in centri commerciali più affollati e mettersi in coda alla cassa.

E voi come avete investito sulla prossimità?
Avevamo già deciso una strategia di comunicazione pubblicitaria per valorizzare le nostre peculiarità distintive e quindi, durante il lockdown, abbiamo semplicemente pensato che le scene dei nostri rivenditori all’opera nelle consegne a domicilio, sarebbero state estremamente efficaci per rappresentare in modo reale chi siamo. Appena ci è stato possibile, abbiamo poi realizzato una produzione cinematografica dello spot, con il medesimo canovaccio e siamo andati on air a giugno, nelle principali emittenti televisive.

E nell’attività quotidiana?
Riguardo ai partner industriali, stiamo privilegiando quelli più capaci nella gestione dei canali di vendita per difendere il valore dei prodotti dagli eccessi che, soprattutto su certi prodotti durevoli, basano il successo nelle vendite utilizzando solo la leva del prezzo basso.
Ciò accade spesso nel canale e-commerce per effetto di un modello di pricing basato su algoritmi che innescano distruzioni di valore assurde, viaggiando in senso opposto agli interessi di chi, come i produttori ed i retailer, devono mantenere una marginalità corretta per continuare ad investire nell’innovazione dei prodotti e nella qualità dei servizi retail, per soddisfare le aspettative di un cliente sempre più esigente e selettivo.

Quindi voi non scommettete sulla digitalizzazione e le vendite online?
Non stiamo dicendo questo, anzi siamo convinti che sarebbe sbagliato non farlo perché questa rivoluzione del retail ha introdotto nuovi stili di consumo e quindi anche la necessità di presidiare questo canale di vendita per migliorare il servizio ai nostri clienti, impiegando le tecnologie digitali.
Nella nostra impresa però, a differenza di com’è stato fatto in altre realtà aziendali, abbiamo deciso di procedere con gradualità per rendere il nostro e-commerce integrato e complementare all’attività dei negozi. Di recente, l’emergenza sanitaria indotta dal Covid-19 ha accelerato la diffusione dell’ecommerce ma ne ha anche evidenziato alcuni limiti.

Sta dicendo che l’e-commerce sta mettendo in difficoltà il retail?

Si, se non c’è una gestione e quindi le politiche di vendita tra i canali sono confondenti e contraddittorie.

Si spieghi meglio.
Il Retailer che gestisce una rete fisica di negozi ed ha un sito e-commerce con la stessa insegna, viene messo in difficoltà dall’esistenza di politiche e dinamiche di vendita molto diverse tra questi due canali. Chi più e chi meno, ci si è trovati a decidere se privilegiare il fatturato a dispetto della redditività ma anche e soprattutto a scapito del rapporto di fiducia con il proprio cliente che, come possiamo ben comprendere, è molto critico quando rileva prezzi di vendita molto diversi tra il negozio fisico ed il sito ecommerce della stessa insegna.
L’ecommerce ha inoltre favorito l’ingresso di nuovi competitors nativi digitali, evidenziando le difficoltà che l’industria di marca sta incontrando per riorganizzare la corretta gestione dei canali e l’armonizzazione delle politiche di vendita.

E quindi voi cosa avete deciso di fare?
Per noi è indispensabile coinvolgere i nostri associati, investendo sulla cultura di questo cambiamento, che impone logiche di efficienza e focalizzazione concepite su larga scala e dunque poco compatibili con scelte troppo individuali o indipendenti. In ottica digital, il gruppo Expert ha fatto grandi progressi nella comunicazione promo-pubblicitaria ove si è provveduto ad integrare l’impiego dei Media tradizionali con Web e Social. Entro breve poi, si passerà anche ad una nuova fase anche per l’e-commerce, con la prospettiva di migliorare progressivamente il risultato delle vendite, con logiche di continuità e di complementarietà con l’attività dei negozi.

Vuole dire che serve un salto culturale?

Si. Penso che la maggior parte dei nostri rivenditori abbia ben compreso quanto sia ormai indispensabile l’azione in gruppo per ricavarne benefici in termini di visibilità e competitività delle singole loro imprese; rinunciando ad alcune “individualità” per realizzare un grande e più forte progetto commerciale comune. In fondo l’omnicanalità, assunta a modello per corrispondere le aspettative del consumatore moderno, richiede una vetrina rilevante, sempre aperta alla consultazione, con un’offerta ampia, competitiva e disponibile. Se non si è parte di un grande organizzazione, ciò risulta ormai impossibile da realizzare.

Anche perché altrimenti si rischia di rimanere fuori da un mercato altamente concorrenziale…
Infatti, e a proposito di cultura del cambiamento, ci si attende anche l’aggiornamento delle norme che regolano la concorrenza, ad esempio tra i colossi del web e le imprese retail del nostro Mercato. Da tempo sono state denunciate evidenti asimmetrie competitive, sia in punto di fiscalità che di rispetto di alcune pratiche scorrette favorite dall’attività delle grandi piattaforme di market place.

Ma in questo momento non rischiate di rimanere un passo indietro rispetto ai concorrenti ?

No perché il ritorno alla prossimità e il gigantismo non più attuale dei grandi player, ci mette nella condizione di dire che compensiamo quello che non vendiamo online.

Dunque il Covid vi avrebbe favorito?
Non il Covid ma le circostanze che ne sono scaturite, perché oggi la prossimità è tornato un valore aggiunto e in più ci siamo trovati in una situazione di mercato favorevole e destinata a durare, soprattutto per quanto riguarda la riscoperta dei consumi e di dotazioni tecnologiche per la casa.

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