La tecnologia delle batterie elettriche per l’automotive parla cinese e lo farà per molti anni ancora. A dare un primo assaggio della situazione è Benchmark Minerals, un gruppo di consulenza che ha sottolineato come, entro il 2030 la Cina produrrà più del doppio delle batterie di tutti gli altri Paesi messi insieme.
IL PREDOMINIO NELLA GESTIONE DELLE RISORSE
Come se non bastasse già questo dato, CRU Group (società di business intelligence specializzata nel mercato globale di materie prime) fa sapere che la Cina controlla il 41% della produzione mondiale di cobalto e il 28% di quella di litio, minerali strategici per la realizzazione degli accumulatori.
Tale leadership è stata raggiunta e consolidata in brevissimo tempo mettendo in atto una strategia aggressiva nell’acquisto di partecipazioni in società minerarie in ognuno dei cinque continenti, iniziando dall’Africa.
Anche le grandi potenze occidentali possiedono partecipazioni in miniere all’estero ma la loro tendenza a evitare investimenti in Paesi instabili e spesso irrispettosi dei diritti umani, ha lasciato campo libero alla Cina in gran parte del continente africano.
Ma la Cina la fa da padrona anche in Sud America, ricchissima di litio, in Paesi tradizionalmente vicino agli Usa come l’Argentina e il Brasile.
IL PRIMATO INDUSTRIALE MA NON SOSTENIBILE
Il vantaggio è incolmabile anche nel campo prettamente industriale, dalla raffinazione alla produzione di veicoli elettrici passando per quello delle batterie. In tutti questi ambiti, infatti, la Cina è in grado di stare sul mercato abbattendo i costi grazie al sostegno del governo che fornisce terreni ed energia a prezzi agevolati e garantisce una legislazione ambientale dalle maglie molto larghe. In questo modo, come ricorda il New York Times in un suo recente articolo, le aziende cinesi sono state in grado di raffinare i minerali a volumi maggiori e a costi inferiori rispetto a tutti gli altri con la conseguenza che la concorrenza internazionale è stata sbaragliata provocando la chiusura di raffinerie di altri Paesi e rendendo diseconomica la realizzazione di nuovi impianti in Occidente.
E così, sempre secondo CRU Group, in Cina si raffina il 73% del cobalto e il 67% del litio le cui lavorazioni sono altamente inquinanti.
Sul fronte prettamente manifatturiero, negli stabilimenti cinesi sono prodotti la maggior parte dei catodi – il terminale positivo delle batterie – necessari alla realizzazione delle batterie per autoveicoli.
Ma non solo. La leadership è indiscussa anche nel campo di altra componentistica, dagli anodi (la parte negativa delle batterie) ai separatori (installati fra catodi e anodi) e ovviamente alle batterie “finite”.
Portano il marchio “made in China”, secondo un rapporto di SNE Research (azienda sudcoreana specializzata proprio nelle analisi di vari aspetti legati alla mobilità del futuro) il 56,7% delle batterie prodotte (secondo dati del 2022). Un primato che si consolida anno dopo anno grazie a un mix di politica protezionistica a difesa dei produttori nazionali e di basso costo di realizzazione delle gigafactory. In sostanza non esiste sulle nostre strade una vettura elettrica, anche occidentale, che non abbia a bordo componentistica cinese.
IL MERCATO ELETTRICO PARLA CINESE
Tutto ciò ovviamente si traduce in un’indiscussa leadership nella produzione dei veicoli elettrici. Secondo l’International energy agency, infatti, la Cina assembla il 54% delle vetture elettriche di tutto il mondo, ribaltando in pochissimi anni una situazione che la vedeva inseguire i produttori occidentali irraggiungibili, ancora oggi, nel campo delle vetture termiche.
Ma il futuro parla elettrico e molti brand occidentali, come ha evidenziato in un recente articolo il quotidiano francese Le Monde, hanno deciso di gettare la spugna e di disimpegnarsi gradualmente dal mercato cinese. La statunitense Ford, per esempio, taglierà gli investimenti e un colosso come la tedesca Volkswagen ha visto ridursi la sua quota di mercato di veicoli elettrici al 2% contro il 40% della cinesissima leader di mercato BYD. Il tutto mentre i brand non cinesi ma specializzati in vetture elettriche erodono quote di mercato all’estero.
PRIMI NELL'EXPORT
È di qualche giorno fa la notizia, rilanciata da canali ufficiali cinesi (nello specifico dall’Amministrazione generale delle dogane), dello storico sorpasso ai danni del Giappone nel settore delle esportazioni delle vetture.
La Cina, infatti, ha esportato nel primo trimestre del 2023 1,07 milioni di veicoli, in aumento del 58% rispetto al primo trimestre del 2022. Allo stesso tempo, le esportazioni di veicoli del Giappone si sono attestate a 954.185, dopo essere aumentate solo del 6% rispetto all’anno precedente. Più in particolare, le esportazioni cinesi sono state sostenute dalla domanda di auto elettriche e dalle vendite in Russia, mercato dal quale i grandi costruttori occidentali e giapponesi si sono ritirati a causa delle sanzioni ai danni di Mosca per l’invasione dell’Ucraina. Inoltre, i prodotti cinesi hanno invaso mercati qualche anno fa dominati da Tokyo, come la Thailandia.