Nalli
Massimo Nalli, presidente e a.d. Suzuki italia

Suzuki Italia e la mobilità sostenibile nazionalpopolare

Gamma di motori esclusivamente ibrida, non di lusso, e investimenti in tecnologia per il 4,5% del valore della produzione. Lavorando sull'ibrido la casa giapponese è arrivata a conquistare il 2,4% del mercato italiano. E sul futuro il presidente e a.d. Nalli dice: "Puntiamo sull'idrogeno, ma ci vuole tempo".

“Il settore automotive sta attraversando un cambiamento epocale che è stato guidato, prima ancora che da scelte più o meno consapevoli dei consumatori, dalle nuove normative. Sono quest’ultime infatti ad aver imposto a tutti i costruttori una svolta decisa verso l’abbandono di motorizzazioni tradizionali come il diesel e il benzina”.

Massimo Nalli, presidente e amministratore delegato di Suzuki Italia, partner di Agos, è molto concreto. Mette da parte l’approccio esclusivamente romantico alla salvaguardia del pianeta e accosta a questa seppur validissima motivazione, l’importanza dell’introduzione a livello europeo di provvedimenti che hanno indirizzato (e obbligato) tutto il settore a un cambiamento che si sta rivelando rivoluzionario e di cui Suzuki, ottavo produttore automotive al mondo, è stato in buona parte un anticipatore.

La strategia della casa giapponese in termini di sostenibilità ha infatti preso una direzione chiara ben prima della messa su carta delle normative attuali.

Come si è mossa in questi anni Suzuki in tema di sostenibilità?
Ha anticipato i concorrenti, quasi tutti, iniziando l’ibridazione già nel 2016, prima ancora che fosse obbligatoria, e questa strategia ha offerto un vantaggio competitivo per cui oggi siamo i primi ad avere tutta la gamma di motori solo ed esclusivamente ibrida.

A parità di tecnologia, in cosa si differenzia l’offerta di Suzuki rispetto a quella dei competitor?
Sicuramente nel modo in cui intendiamo il concetto di progresso. Per noi ha il valore che aveva per Henry Ford: il progresso c’è quando la tecnologia è disponibile a tutti. Nel futuro di Suzuki infatti non c’è un mondo di auto elettriche di lusso, non accessibili in termini di prezzo al grande pubblico, ma al contrario c’è una mobilità sostenibile nazionalpopolare.

È così che siete arrivati a conquistare il 2,4% del mercato italiano in un anno particolarmente difficile come il 2020?
Nel settore dell’automobile non si improvvisa, e i risultati non sono certo una questione di fortuna. Il prodotto è il re del mercato, ed è grazie al nostro prodotto che cresciamo dal 2013. Noi offriamo una gamma solo ibrida, non abbiamo altre motorizzazioni se non quelle che il mercato oggi desidera. Su tutta la gamma poi offriamo anche il cambio automatico e su pressoché tutti i modelli abbiamo anche il 4×4 che in Italia è molto richiesto. Non a caso la nostra percentuale di vendite di 4×4 è da record in Italia.

Quanto investite ogni anno in nuove tecnologie volte all’ibridazione della gamma auto?
Circa il 4,5% del totale del valore della produzione. Il nostro settore è capital intensive e ha bisogno di enormi investimenti per mantenere la tecnologia al passo del mercato e delle normative.

Quale sarà la tecnologia che prevarrà nel futuro, secondo lei?
Credo che il futuro della mobilità non vedrà una tecnologia prevalere sulle altre, ma sarà caratterizzato da una pletora di soluzioni tra cui le ibride e le elettriche “pure”.

Anche perché l’elettrico puro è una sfida che fa ancora molto discutere tra effettivo impatto sull’ambiente e reali vantaggi economici per chi ne usufruisce. Lei cosa ne pensa?
Ammetto di essere scettico sul fatto che l’elettrico sia la soluzione definitiva di lungo termine in termini di impatto ambientale. Il suo apporto va misurato mettendo sul piatto della bilancia anche l’impatto sull’ambiente della produzione di energia che serve per la costruzione delle vetture e per la loro alimentazione.


E allora la soluzione a lungo termine qual è?
L’idrogeno, ampiamente disponibile in natura. Oggi però è ancora molto costoso estrarlo, molto complesso produrlo, e metterlo in un serbatoio. Il sistema distributivo, inoltre, non è ancora pronto. Noi però stiamo lavorando a dei brevetti per serbatoi a idrogeno liquido. Nel frattempo è fondamentale diversificare nell’elettrico che già risolve non pochi problemi.

Quanto contano gli incentivi pubblici per l’acquisto di veicoli green, e cosa serve per renderli ancora più efficaci?
Contano moltissimo. Nel breve termine aiutano ad anticipare la domanda e a rendere più abbordabile una tecnologia oggettivamente più costosa. Ma perché abbiano un effetto davvero radicale e per evitare bolle di mercato che continuano a gonfiarsi e sgonfiarsi, andrebbero resi strutturali.

Ha dichiarato in passato che Suzuki ha nel suo dna il fatto di produrre oggetti che migliorano la vita delle persone. Quali saranno i prossimi?
Abbiamo scelto di essere leader sul piano della sostenibilità ma non ci fermiamo all’automotive. In pochi lo sanno, ma Suzuki in Giappone è il principale costruttore di case prefabbricate, con tanto spazio dentro e poco spazio fuori, in risposta a un’esigenza specifica della popolazione giapponese. E il know how utilizzato per questi ambienti è stato applicato anche per la realizzazione delle autovetture, perché siano comode e spaziose nonostante non si tratti sempre di mezzi di grandi dimensioni. Un ambito su cui abbiamo intenzione di investire, per esempio, è quello della micromobilità individuale sostenibile sia per i giovani che per gli anziani. E poi non dimentichiamoci che Suzuki ha anche un’importante divisione dedicata alla nautica in cui ha sviluppato la tecnologia Microplastic collector.

Di cosa si tratta?
È una tecnologia geniale nella sua semplicità che consente di filtrare le microplastiche dall’acqua marina utilizzata per il funzionamento del motore. Ci siamo detti: dato che il motore utilizza l’acqua marina, o dolce nel caso di un lago, per il raffreddamento, perché nel frattempo non filtrarla? E così è stato. Il mercato ha molto apprezzato questa soluzione e credo che la vedremo presto su tutta la produzione Suzuki marine in cui, come nell’automotive, stiamo cercando di anticipare i tempi.

In che modo?
La normativa ambientale sul settore nautico non ha raggiunto la severità del settore automotive, perché la diffusione è diversa. Ma Suzuki si è posta il problema a prescindere, ed è stata la prima a commercializzare i motori a quattro tempi e ad applicare la cosiddetta combustione magra, o lean burn, per massimizzare l’efficienza in termini di consumi e ridurre al minimo l’impatto ambientale. Sono convinto che la normativa evolverà nella stessa direzione dell’automotive non solo in termini di contrasto all’inquinamento ambientale ma anche acustico, e Suzuki sarà in prima linea nell’accogliere questa sfida.

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