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Rethink Spending: la guida del 2020 per il retail

Rottura rispetto al passato, accelerazione di alcuni processi, un insieme di dati da analizzare in ottica nuova. Da febbraio a oggi Il cambiamento del consumatore a cui i retailer devono adeguarsi è costante e rapido. L'analisi Gfk

Ci si ostina a parlare di “new normal”. Ma gli analisti di Gfk Italia, che nel loro ultimo rapporto presentato durante la conferenza “Signal from the noise” hanno guardato al consumatore e al retail con uno sguardo di medio periodo, hanno preferito mettere in evidenza gli elementi di novità ancora in fase di sviluppo nel mondo dei consumi e del retail e che poco hanno a che fare con il concetto di normalità.

Disruption, acceleration, data overload sono le tre parole chiave che, per il presidente di Gfk Italia Enzo Frasio, meglio descrivono questa fase: una rottura rispetto al passato, un’accelerazione di alcuni processi, un insieme di dati da analizzare in ottica nuova.

Il cambiamento è costante, in atto, e sempre più rapido. Anche perché segue di pari passo l’andamento dell’epidemia: se l’estate aveva portato un miglioramento del sentiment degli italiani, la risalita dei contagi ha fatto invertire la tendenza. A ottobre il 40% si dichiara molto preoccupato per il Covid, un dato in crescita del 7% rispetto al mese di luglio.

IL RETHINK SPENDING

Tutto fa pensare che sia necessario per i brand ripensare le logiche di vivere, di ragionare e dunque di fare acquisti, quello che in inglese viene definito “Rethink Spending”. 
Il settore della tecnologia di consumo, per esempio, che negli ultimi mesi si è stabilizzato dopo lo shock del lockdown, si è concentrato sul lavoro e didattica a distanza, su cucina e benessere, sull’intrattenimento da vivere in casa.
Ma anche il settore del largo consumo è una cartina di tornasole interessante.

Dal primo lockdown a oggi sono emersi nuovi bisogni che hanno prodotto una diversificazione delle scelte del consumatore. Benessere, autenticità e sostenibilità sono le tre nuove richieste chiave. Infine, c’è una forte esigenza che le aziende mostrino vicinanza nei suoi confronti attraverso innovazione e comunicazione all’altezza della nuova domanda.

IL NUOVO CONSUMATORE

Partiamo da quanto è avvenuto in questi mesi.

  • Se si guarda ai beni di consumo primari, durante il lockdown i carrelli della spesa sono diventati più grandi del solito ma i dati attuali aggiornati a settembre dicono che la situazione non è rientrata, bensì la loro dimensione è rimasta dell’8-10% superiore alla media del 2019. Le persone stanno andando meno a fare la spesa ma quando ci vanno lo fanno per più tempo.

  • È cambiata radicalmente la presenza nel negozio fisico. Oggi è prevalentemente maschile. Durante il lockdown, se confrontato con i dati del 2019, le famiglie hanno delegato all’uomo gli acqusiti (+87%) e questa abitudine è rimasta anche oggi (+13%). Questo significa che spesso vengono lasciati a casa i bambini per una forma di tutela e protezione. Erano il 60% in meno durante il lockdown (sempre rispetto al 2019), sono il 29% in meno oggi, un dato che impatta sull’acquisto di tutta una serie di prodotti appartenenti al loro target.

Già questa fotografia impone un vero e proprio modo di ripensare la figura del consumatore (che può essere allargata a vari settori di spesa) e, di conseguenza, anche quella del retailer.

LA CAPACITÀ DI ADEGUARSI

Per esempio: tra le varie aree di acquisto, quella del benessere è molto sviluppata insieme a quella della sostenibilità su cui in Italia c’è un grande livello di sensibilità: oltre il 60% degli italiani infatti è in qualche modo attivo o tiene in considerazione i temi ambientali nelle proprie scelte di acquisto, una percentuale che sta crescendo in Europa e guiderà sempre di più nel prossimo futuro le scelte dei consumatori.

Ma l’offerta non sta cogliendo bene l’opportunità che ha di fronte. Quando infatti si chiede ai consumatori di citare brand attivi nella sostenibilità ambientale prevalgono quelli che hanno un claim chiaro in questa direzione e che spesso sono anche multinazionali. C’è un grande lavoro da fare sulla comunicazione per i brand di taglia minore.

Altro tema che resta di grande interesse è quello della prossimità. Gli italiani restano molto propensi al vicinato: se nel primo lockdown il 48% lo preferiva, oggi questa percentuale è rimasta stabile al 25%.

Ecco dunque che lo sviluppo di canali di prossimità resta centrale: tra marzo e agosto, dicono i dati Gfk, la penetrazione delle famiglie italiane all’acquisto di beni è avvenuta al 33% online, al 52% attraverso i negozi di piccola superficie tra cui molti di tipo tradizionale.
E alla prossimità si lega, in modo molto stretto, il tema dell’innovazione. Il cambiamento dei bisogni, impone un ripensamento verso un obiettivo: restituire fiducia ai consumatori. Il tempo scorre. È necessario adeguarsi in velocità.

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